Percorsi politico-culturali di Liana


Liana si è posta da sempre sui crocevia, fra culture, grazie al desiderio di farsi attraversare da saperi diversi e alla generosità nel farli circolare, continuando ad essere attiva nei movimenti, dal lesbofemminismo ai movimenti transfemministi queer, disseminando scritti, pratiche, teorie. Letterata, ha attraversato ambiti disciplinari diversi diffondendone idee e testi e creando un intreccio di interessi, generi, generazioni, trame e relazioni che hanno segnato chi l’ha incontrata, come mette in rilievo Tessiture, la raccolta di scritti su di lei.
Il suo percorso politico lesbico inizia con il primo gruppo fiorentino che si incontra per un anno alla Casa della Donna di Novoli nel 1979; nel 1981 nasce Linea Lesbica Fiorentina (LLF) in stretto collegamento con il CLI romano ed altri gruppi italiani e internazionali.


Nel 1985 un nuovo gruppo prende forma grazie all’ospitalità della Libreria delle Donne; e dopo il convegno nazionale «Da desiderio a desiderio» organizzato all’Impruneta nel 1987 viene fondata l’associazione culturale Amando(r)la, aperta a collaborare, con i gruppi gay e non, per progetti condivisi e secondo alleanze limitate e strategiche basate sull’affinità. Poiché oltre alle iniziative culturali l’associazione risponde a richieste di accoglienza e integrazione, lo spazio offerto dalla Libreria non è più sufficiente. L’apertura del Giardino dei Ciliegi nel 1998 apre una nuova possibilità di collaborazione sui temi del lesbofemminismo e dei nuovi studi di genere anche perché l’associazione accoglie suggerimenti post-identitari, post-strutturalisti, post-coloniali, e in seguito queer attraverso i contributi dell’Intergruppo e dei seminari di “Lavori in corso”: una mutazione accentuata dopo che l’Amando(r)la diventa itinerante nel 1993-1994.


Esaminando le pubblicazioni di Liana vediamo che emerge subito la passione per Adrienne Rich che continuerà nel tempo: è del 1979 infatti la traduzione e la cura di ”Esplorando il relitto”, in cui mette in luce lo spessore del testo poetico femminista che offre la raffigurazione di una donna che va prendendo coscienza di sé. Nel 1985 fonda e dirige con Rosanna Fiocchetto la casa editrice indipendente lesbofemminista Estro a Firenze, in cui – fra l’altro- comparirà Rich ma anche il suo “Tenda con vista” (1987), considerato il primo romanzo lesbico italiano.


Nel 1986, nel fascicolo di DWF (2) a domande su progetti e progettualità, Liana risponde che il suo essere lesbica impegnata non è più in contrasto con il mondo accademico da quando all’università di Bologna può insegnare la letteratura delle donne americane, lesbiche ed etero, “senza le pesanti censure incontrate altrove”. E che anche alla Libreria delle donne di Firenze può ora convogliare le energie, senza difficoltà e senza più sentirsi ai margini come nei primi tempi.
Negli anni Novanta, quando da Bologna si trasferisce all’Università di Firenze (dove insegnerà fino al 2009) s’impegna a creare una interazione fra l’allora Libreria delle donne, il Giardino dei Ciliegi, l’Università e la comunità internazionale LGTQ di allora.


Dalla 3rd European Feminist Research Conference (Coimbra) emergerà nel 1998 la rete europea di studi delle donne ATHENA (di cui Liana è la rappresentante per l’Univ. Di Firenze), coordinata dall’Università di Utrecht, che per dieci anni promuoverà l’affermazione e disseminazione degli studi delle donne fuori e dentro le università.
Insegnare per lei era molto importante, come dimostra il suo scritto del 1997 “Insegnare il queer”. Esemplare è la formazione del gruppo femminista Cassandra presso la Facoltà di lettere e filosofia con studentesse: nel 1995 è pubblicata una raccolta “Le parole di Cassandra” con testi che prendono spunto proprio dal ciclo di lezioni tenuto da Liana nell’anno accademico 1994-95 sulla testimonianza nella letteratura femminile del Novecento.


Si adopra per consolidare la collaborazione del Giardino con IREOS, il centro servizi per la comunità queer di Firenze, sia per il progetto di una mostra storica itinerante, sia per il convegno di studi queer In teoria pratica a villa Fiorelli, preludio del Toscana Pride 2004, Diversità geniale, con l’allestimento insieme a tutto il gruppo Lespride del Polispazio Queer nella sede delle Oblate dove allora era ospitato il Giardino dei Ciliegi (convegno, mostra del MIT, musica e performance); sia per il convegno 2005 Outlook. Tendenze Lesbiche e il convegno 2006 Rappresentazioni, ambedue a villa Fiorelli; sia per il progetto 2006-2007 Genere e generi: corso sulla diversità.


Liana organizza, insieme a me e al Giardino dei Ciliegi, in collaborazione con la Società Italiana delle Letterate (di cui è stata fra le fondatrici), grazie al Progetto Portofranco, la Scuola estiva residenziale d’intercultura Raccontar/si (2001-2008), con edizioni nel 2011-13: un’importante esperienza narrata nel sito www.raccontarsialgiardino.org. I laboratori producono quattro libri a cura di Borghi e Barbarulli: Visioni in/sostenibili. Genere e intercultura, Cagliari, Cuec 2003; Figure della complessità. Genere e intercultura, Cuec 2004; Forme della diversità. Genere, precarietà e intercultura, Cuec 2006; Il sorriso dello stregatto. Figurazioni di genere e intercultura, ETS 2010. “Il Laboratorio portava l’impronta – spiega Liana – del femminismo storico di Clotilde e del mio altrettanto storico attivismo lesbofemminista,
ormai più interessato agli studi queer”. Con la fine della Scuola per mancanza di fondi,
promuove – sempre al Giardino dei Ciliegi che sarà la sua ‘casa’ politica e affettiva –
incontri culturali e politici oltre Convegni annuali, e workshop in occasione dei Convegni
SIL, come dimostrano gli Annuari nel sito www.ilgiardinodeiciliegi.firenze.it.
Perciò – per sintetizzare il lavoro svolto al Giardino e con il Giardino – ecco da
un intervento orale – preparato insieme – per i 25 anni della SIL (2021), alcune riflessioni:
“Rimandando ai titoli e alle presentazioni degli ultimi Convegni, oltre ai temi affrontati
con Raccontar/si, è evidente che abbiamo cercato sempre nelle iniziative di decostruire
dal basso i paradigmi egemonici che tendono ad omologare spazio e tempo, moltiplicando
diseguaglianze e confini, per provare invece ad inquietare i modelli cristallizzati di società
e di politica in un’etica di aggrovigliamento intra-attivo nel mondo. Il femminismo
decoloniale ha rafforzato la nostra necessità di rivedere e rinnovare quello che passa per
canone, interrogando in vario modo la letteratura e mescolando generi, discipline e
scritture per ricreare volta a volta genealogie testuali in campi differenti. Di fronte alla
dinamica tradizionale dell’appartenenza perciò – in varie forme – abitiamo confini
fluttuanti, creando immaginari diversi nell’intreccio con i movimenti femministi e
transfemministi globali, nella consapevolezza che “l’universo è troppo promiscuo per
restare fedele a un solo modo di rappresentarlo.” (Bayo Akomolafe filosofo e attivista
nigeriano).
Da ricordare anche l’importanza della fantascienza: “In tempi di transfemminismo
queer, viene spontaneo interrogare – scrive infatti – le narrative speculative nei termini
della critica storica e comparata delle utopie femministe, indagando il loro
posizionamento rispetto a genere, razza, sessualità, diversità, senza dimenticare la
rappresentazione del non/umano e il modo in cui si affrontano questioni di etica e
politica”. Così ha voluto dedicare l’ultimo Convegno – a cui, anche se non stava bene, ha
offerto le sue energie e l’ultima sua mappa concettuale – alla Fantascienza, riflessione
filosofica e teorica, investimento narrativo, scrittura sperimentale, includente
speculazioni ecologiche; attenzione alla materialità del vivere ed alla natura. In questo
Convegno, Neomaterialismo e fantascienza delle donne: intramazioni” (Giardino dei
Ciliegi, 30-31 ottobre 2021) voleva mettere in rilievo come il femminismo speculativo
modelli mondi e tempi possibili contro l’oppressione di razza, classe, genere, sessualità,
indagando come funzionano potere e dominio, cercando giustizia sociale. La scrittura
delle donne offre infiniti esempi di affabulazione speculativa sul presente-passato-futuro,
intrecciati in una miriade di incomplete configurazioni di luoghi, tempi, materia e
significato; e di questi interessano particolarmente esempi del qui-ed-ora e delle
connessioni tra il possibile e il reale.
La sua ricerca teorica prosegue, negli anni, in parallelo all’attivismo, da qui la sua
presenza, curiosa e attenta, nei vari movimenti che esprimessero resistenza alla
grammatica del potere con pratiche politiche – riluttanti, oppositive, alternative, effimere,
o altro, incontrando così femministe, trans femministe, queer, soggettività non binarie
LGBTQIA+1, tutt quell* che ovunque scendono in piazza contro femminicidi e forme
di violenza di genere, contro muri e confini, sfruttamento del lavoro e saccheggio delle
risorse naturali…
Sono tante le scrittrici e pensatrici amate di cui si occupa, da Mary Wollstonecraft
a Gertrude Stein, Jane Austin, Kate Chopin, Marny Hall, Margaret Fuller, ma anche
Billie Holiday. Alcune di queste sono state analizzate nel gruppo ‘fiorentino’ della Sil,
con cui Liana organizzava workshop in occasione dei Convegni annuali della SIL. Il
gruppo all’inizio si riuniva ogni primo lunedì del mese nello storico Caffè delle Giubbe
Rosse: c’erano anche Uta Treder, Giuly Corsini, Maria Teresa Colonna, Monica Farnetti,
Marisa La Malfa, Stefania Zampiga, Brenda Porster, poi perdite, trasferimenti e problemi
personali hanno ridotto il gruppo a Liana Borghi, Roberta Mazzanti, Clotilde Barbarulli,
Maria Letizia Grossi, Luciana Floris, Laura Graziano, Francesca Casini, Rita Svandrlik
continuando a ritrovarsi il lunedì al Giardino dei Ciliegi. Nella visione che leggere
insieme costituisce una pratica politica, si scelgono di volta in volta libri da discutere: il
viaggio in doppio, che di solito, intreccia, nella lettura, due persone e due esistenze, si
amplifica così nei percorsi di ognuna, in una articolazione di più sguardi e di passioni
differenti, in un complesso andamento di rispecchiamenti e di prese di distanza: Liana
cerca sempre di contribuire a delineare una più complessa cartografia della letteratura.
Le riunioni sono costellate anche dall’andare a vedere insieme un film, dal partecipare a
dibattiti di attualità al Giardino, mentre si leggono Nafisi, El-Saadawi, Brand, Michaels,
Spivak, Morrison, Jelinek, Braidotti, Anedda, Le Guin, Stepanova, Evaristo e tantissime
altre, e si rileggono, ad esempio, Woolf, Ortese, e “Autoritratto di gruppo” di Passerini:
parole e immagini volano negli appassionati confronti su temi e scrittrici/saggiste. Nel
2003 si discute anche la preparazione dell’imminente Convegno Sil “METAMORFOSI.
Movimenti Soggetti InterAzioni”, che si svolge al Giardino dei Ciliegi allora alle Oblate,
leggendo il libro di Braidotti In metamorfosi. Verso una teoria materialista del divenire,
che offre lo spunto all’evento.
Centrale l’organizzazione di workshop per i Convegni SIL: come racconta Liana
(Il globale e l’intimo, Morlacchi 2007), che di solito conduceva con me ogni workshop,
nei librini distribuiti emergeva “il percorso di una riflessione condivisa che raramente
separa la letteratura dalla politica[…] nella nostra storia di femministe il personale e il
politico sono collegati tanto quanto l’intimo e il globale, e la nostra pratica del partire da
sé ci dispone ad ascoltare la risposta emotiva suscitata da eventi vicini e lontani”. Liana
teneva molto alla pratica adottata dal gruppo di arrivare al convegno SIL con degli
interventi già scritti e condivisi preventivamente, on line, in modo da poterne discutere
i punti salienti nel workshop insieme alle persone che si aggregano nell’occasione: le
conduttrici si limitano così a lanciare una serie di quesiti-questioni-riflessioni per un
confronto/scambio che fa appello alla passione della lettura, in modo da evitare uno
spazio/tempo monopolizzato dalle tradizionali relazioni individuali a discapito per lo più
del dibattito fra partecipanti.
Nel 2000 si ha l’esordio del gruppo con “Canonizzazioni”, in occasione del III
Convegno SIL, Grafie del sé. Letterature comparate al femminile: un workshop a Bari,
un incontro pubblico al Giardino (2001) ed un libro (2002). Poi La perturbante. Das
Unheimliche nella scrittura delle donne, in occasione del Convegno 2002 di Venezia (Lo
spazio della scrittura). E Il globale e l’intimo. Luoghi del non ritorno, per Trieste 2006
(Sconfinamenti); Scritture di frontiera per il Convegno di Bari 2007 (Scritture di donne
fra letteratura e giornalismo); La disposizione degli oggetti non ci tradirà, per il
Convegno di Genova 2011 (Io sono molte. L’invenzione delle personagge); Abitare il
tempo, per il Convegno di Roma 2017 (Abitare. Corpi, spazi, scritture); Lavanderia degli
angeli: prospettive vagabonde sul lavoro, per il Convegno di Venezia 2019 (Visibile
invisibile. Scritture e rappresentazioni del lavoro delle donne).
Liana ha sempre lavorato sull’analisi e decostruzione di dicotomie – con Donna
Haraway e il concetto di naturcultura, il manifesto cyborg, gli umani e non umani delle
sue specie-compagne — e con Teresa De Lauretis e Judith Butler per la ricerca dell’altro
che è in noi. Quindi le teorie dell’affetto incontrate nella pedagogia queer di Eve
Sedgwick. Con la sua curiosità instancabile ha poi riflettuto sugli studi neomaterialisti
cercando di spostare i confini tra l’umano e il non-umano, corpo e materia, ponendo
domande su come viviamo queste idee, e come questa agiscano sulle pratiche di
omologazione, connivenza o resistenza nell’insopprimibile potere del reale. Ha anche
lavorato sull’archiviazione dei sentimenti nelle culture pubbliche, cercando risposte
culturali e politiche di dissenso e resistenza, nelle scritture sul trauma per violenze
omofobiche, xenofobe, razziste, nelle narrazioni di migranti, e nei documenti delle
diaspore dei neri o degli ebrei, con attenzione alla realtà palestinese. Poi, convinta che
scienza e narrazione non si possono separare, la teoria quantistica con Karen Barad e la
pratica della diffrazione nel leggere/legare in modo creativo vari scritti l’uno con l’altro
per “attraversare confini disciplinari e modificare testi diversi aprendone il significato”,
infine l’interesse per Bayo Akomolafe e le sue storie di fallimenti, ferite, e di “tutte le
cugine delle crepe”.
Liana si collocava ormai nel transfemminismo queer, come scrive anche
nell’introduzione a Il nostro mondo comune del 1983 (ripubblicato da Asterisco 2020 di
fronte ad una destra razzista e lesbofobica diffusa): ricostruendo quel momento storico
spiega che lo fa ritornando “al separatismo lesbofemminista dalla posizione presente di
transfemminista queer”, ma sempre nell’affetto per le persone di quel periodo. Così nel
suo percorso dal lesbofemminismo degli anni ‘80 al trans-femminismo degli ultimi anni,
nell’intreccio tra genere, razza, classe e sessualità, nella critica a ogni essenzialismo e
binarismo, Liana ha continuato a inventare ponti, passaggi e transiti.
Ed il suo messaggio è quello di lavorare per un cambiamento sociopolitico: dato
che “l’assenza del futuro è già cominciata” (Clemence Seurat), a suo avviso questo era il
tempo di entrare nei punti di intersezione problematici dove le differenze tra me e te, noi
e loro, natura e cultura, umano e mondo, non sono fatte e finite, ma ancora in divenire.
Una intra-azione che ci cambia, scambia, e cambia tutto quello con cui siamo in contatto.
Per me è stata – nell’ideazione e organizzazione di scuole, convegni e incontri,
nella scrittura, nei dibattiti, nella relazione affettiva e politica – compagna di viaggio
esigente ma generosa, sempre pronta a stimolare con letture e a porre interrogativi,
creativa e attenta, nel cercare di portare la teoria e la pratica femministe nei luoghi di
lavoro, di incontri, di scambio. Essere killjoy, una guastafeste, vuol dire entrare in contatto
con tutte quelle emozioni che rappresentano un fallimento collettivo nell’adattarsi a un
sistema, creando invece una condizione di possibilità per vivere in altro modo. La figura
della femminista killjoy si posiziona nel contesto della critica femminista della felicità:
non possiamo essere grate e felici – diceva Liana con Ahmed – per un sistema che vuole
inglobarci, quando questo è formato da ineguaglianza e violenza.
A dicembre 2022 nel Convegno “Diffrattivamente, con amore. Per condividere
ancora le eredità plurali di Liana Borghi” ricordavo che una delle eredità di Liana è
proprio la ricerca di sempre nuove mappe conoscitive, di immaginari diversi e nuove fonti
teoriche, nella costante critica alle strutture interpretative consolidate, ma è una eredità
che richiede creatività nella sua esplorazione. E diventa così parte di una memoria
collettiva di cui anche “giovani attivist* che non l’hanno conosciuta possono nutrirsi”
(Elisa Coco). Sara Ahmed – citando La signora Dalloway di Woolf – afferma che un libro
può offrire un’eredità femminista, diventando “una compagna femminista: è la traccia di
una storia che non è finita”. Ecco gli scritti di Liana offrono il materiale per una storia
che non è finita.

Clotilde Barbarulli

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